Nel panorama teorico-politico occidentale, la democrazia è una categoria insostituibile, sebbene sia evidente che la forma di governo democratico presenti problemi non indifferenti. Sorge così inevitabilmente un contrasto di prospettive su cui la filosofia politica è chiamata a riflettere.
Come scrive Norberto Bobbio, sin dalle sue lontane origini la democrazia – se non al prezzo di autocontraddirsi –, è connessa con “uguaglianza”, termine indubbiamente polisemico, così come lo è “libertà”, concetto che, in tempi relativamente recenti lo ha affiancato nella definizione stessa di “democrazia”. La relazione uguaglianza-libertà costituisce la base strutturale della democrazia contemporanea: la libertà è libertà tra uguali e l’uguaglianza si realizza solo in condizioni di libertà. Ciò ha consentito di concepire l’uguaglianza e la libertà proprie delle società contemporanee come uguaglianza e libertà non semplicemente formali. Per essere più espliciti, sebbene le radici teoriche siano le stesse, la definizione lockeana di libertà presente nel § 6 del Second Treatise, non è la stessa che Rawls propone nei suoi scritti, dal 1971 fino a Justice as Fairness. A Restaitment. Dietro l’idea rawlsiana, infatti, vi è una concezione democratica di libertà e uguaglianza che non poteva avere cittadinanza negli ultimi scorci del XVII secolo né, peraltro, poteva rivestire un ruolo significativo fino al secondo dopoguerra; a quel punto la Dichiarazione universale dei diritti umani, proclamata dall’ONU il 10 dicembre 1948, permise di rendere più “concreto” il connubio tra libertà e uguaglianza e consentì di inserire nell’analisi della democrazia la riflessione su altre importanti categorie che pongono in evidenza la complessità del concetto.
Tra queste, abbiamo scelto il binomio rispetto/differenza, non solo perché è in grado di richiamare in modo chiaro problemi importanti delle società democratiche occidentali, ma anche perché comprende due termini in stretta relazione reciproca: la presenza dell’“altro”, in democrazia, ne comporta il rispetto (non la semplice tolleranza). Ciò pone in gioco un inevitabile riferimento al pluralismo, componente imprescindibile dell’orizzonte democratico occidentale, dove hanno cittadinanza i punti di vista differenti e anche opposti, fino a che non contraddicano il principio di libertà, secondo il quale nessuno può impedire agli altri di godere di una libertà identica alla sua; e non neghino quello dell’uguaglianza, intesa come uguaglianza nella differenza (trattare in modo uguale i casi uguali e in modo diverso i casi diversi).
Non c’è nulla di nuovo in quanto ho fin qui scritto, ma certamente l’insieme dei motivi contenuti nella categoria di democrazia e delle difficoltà di tradurli in serie pratiche di governo costruiscono una trama di questioni che non è sempre facile districare.
Se è compito della teoria dare apporti in tale direzione, in questo numero della rivista, che raccoglie gran parte dei contributi presentanti a un convegno su questi temi (Cagliari 15-16/10/2015), le parole-chiave indicate nel titolo si intrecciano, tenendo anche conto di prospettive temporali diverse, che costituiscono l’indispensabile premessa di quanto si discute negli ultimi decenni.
Una parte dei saggi qui raccolti dunque va vista come la piattaforma "storica" del dibattito: mi riferisco alle interpretazioni di quell'opera più di riflessione teorica che di narrativa che è La Nouvelle Héloïse di Rousseau (Annalisa Ceron); a Machiavelli, letto come critico più che come iniziatore della politica moderna (Roberto Gatti); a una pensatrice che, come Mary Wollstonecraft, sfida i pregiudizi dei suoi tempi, proponendo, negli anni della rivoluzione francese, una delle prime filosofie femministe (Carlotta Cossutta); a filosofi che si impegnano in un discorso approfondito sulla democrazia, quali, da punti di vista non certo vicini, Paine (Thomas Casadei) e Bentham (Paola Rudan).
Un secondo gruppo di scritti affronta, secondo più approcci, la relazione tra differenza e rispetto. Particolare attenzione è rivolta alla differenza di genere, cui sono dedicati i saggi di Paola Persano (sull’eredità di Condorcet nel XIX secolo), di Silvia Rodeschini (sulla singolare proposta del femminismo cyborg di Donna Haraway), di Martina Marras (su alcuni elementi essenziali e innovativi del contractarian feminism di Jean Hampton); di nuovo quelli di Carlotta Cossutta e, per certi versi, di Annalisa Ceron.
Infine sono presenti lavori che affrontano direttamente alcune questioni chiave della democrazia contemporanea; tra questi possiamo comprendere oltre che il saggio già citato di Roberto Gatti e Martina Marras, quello di Claudia Atzori su un pensatore, Charles Larmore, che sviluppa una complessa e originale, per quanto non del tutto lineare, posizione liberal; e quello di Luc Foisneau sul concetto di maggioranza in John Rawls, il filosofo di Harvard il quale – che si condividano o meno le sue tesi – è indubbiamente al centro di tutte le discussioni su libertà, uguaglianza, pluralismo, differenza, rispetto e democrazia nella filosofia politica contemporanea.
Questa raccolta dunque ha lo scopo, per un verso, di porre in luce come il concetto di democrazia, nel suo lungo cammino, si muova su una linea progressiva e suscettibile di sempre ulteriori sviluppi; per un altro, di indicare la sua insostituibilità, pur nelle difficoltà che il governo democratico pare attraversare nel nostro tempo. Riflettere sul concetto, con la consapevolezza di quali possano essere i suoi punti critici, può aiutare non solo a individuare possibili, seppur parziali soluzioni, ma anche a dare nuovo senso al compito che la filosofia politica deve assumersi, nel cercare soluzioni e possibili risposte, come è stato autorevolmente scritto, di fronte ai dubbi e alle sfide della contemporaneità.